Haring, simbolo di una generazione

A Palazzo Reale è tornato dopo dodici anni Keith Haring curato da Gianni Mercurio, per raccontarci oggi il senso profondo e la complessità della ricerca dell’artista statunitense scomparso nel 1990, a soli 32 anni.

Attraverso l’esposizione di più di cento opere, Mercurio si propone di mettere in luce il rapporto che Haring ha sempre avuto con la storia dell’arte; all’interno della mostra, infatti, vengono affiancate opere rappresentanti le  sue fonti di ispirazione: dall’archeologia classica alle arti precolombiane, dalle figure archetipo fino alle maschere del Pacifico.

Nell’immaginario collettivo,  l’arte di Haring è stata sempre percepita come espressione di una controcultura impegnata su temi propri del suo e del nostro tempo, come la droga, il razzismo, l’Aids, l’alienazione giovanile. Ma Haring non è stato solo questo.  Si può tranquillamente dire che l’artista abbia creato un dialogo di relazione tra le diverse epoche e culture, attraverso la generazione di simboli, non necessariamente comprensibili e riconducibili a qualcosa di univoco.

Egli infatti concepiva l’arte un messaggio che ognuno di noi può interpretare a suo piacimento: in questo senso il suo linguaggio,  attuato attraverso un immaginario simbolico, è quello universale, dove l’uomo è messo al centro della società e della sua individualità. Ma altresì non si preoccupava di rendere riconoscibili le sue fonti, al contrario le occultava per farne emergere il loro umore. Per l’artista importante è dare immagine a un sentimento attraverso il linguaggio dello spirito del tempo.keith-haring-heart

Molte opere non hanno un titolo.

L’immagine scelta per rappresentare l’esposizione, Unfinished Painting, racchiude questa visione narrativa e può essere interpretata come il non finito sta alla ciclicità della vita; solo un quarto dell’opera è completo, le sgocciolature di colore sono minuziosamente simulate, per dare quel senso di sospensione che apre a infinite possibilità. Un incompiuto che rappresenta la semplicità e la leggerezza del fare arte per Haring, in grado di andare al cuore delle questioni profonde della vita con onestà e il candore di un bambino….che ricorda l’artista da fanciullo mentre guardava i fumetti che il padre disegnava per lui.

Mostra da non perdere, soprattutto per chi è cresciuto inseguendo i gadget (magliette, spille e molto altro) con cui  l’artista ha iniziato la sua fama oltre oceano.

 

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